VCO - 13-06-2019 - Settantacinque anni or sono, tra l’11 ed 12 giugno 1944, iniziava il tremendo rastrellamento nazifascista in Val Grande, evento che forse tra quelli della Resistenza locale è rimasto maggiormente impresso nella memoria popolare e che ha contribuito, con la distruzione di diversi alpeggi, all’abbandono di quella zona che da secoli vedeva la monticazione estiva dall’Ossola, dal Verbano, dalla Vigezzo e dalla Cannobina.
Del periodo bellico successivo all’armistizio dell'8 settembre 1943 la Val Grande e le zone circostanti ospitavano gruppi di partigiani, come la “Valdossola”, la “Giovane Italia”, la “Battisti”, dai 450 ai 500 uomini armati in maniera sommaria, e contro cui si scatenò l’attacco – organizzato dal comando SS di Milano – di circa 5.000 nazifascisti, con l’appoggio di artiglieria e di aerei.
La manovra a tenaglia intorno alla Val Grande mirava a colpire le unità partigiane, costringendole a combattere come e dove voleva l'attaccante, per eliminare poi i sopravvissuti, ma nel rastrellamento, in codice Operazione “Köeln”, tra le vittime ci furono anche i numerosi alpigiani trovatisi fra i tedeschi e fascisti che attaccavano e le forze partigiane in ritirata.
Durò una ventina di giorni il rastrellamento, con l’uccisione di chi veniva catturato, con le violenze ed i danneggiamenti alle case, agli animali, l’incendio di alpeggi che avevano ospitato i partigiani, le torture e poi gli eccidi anche nel fondovalle, come a Fondotoce o Baveno.
Numerose le vittime, stimate intorno ai 150, e diverse rimasero sconosciute o mai più ritrovate, tra questi diversi giovani lombardi, che non conoscevano la montagna dove erano saliti per sfuggire ai bandi della Repubblica Sociale Italiana.
Partigiani e civili uccisi che, per dirla con le parole di Nino Chiovini, costituirono “Il sale della terra”, terra dove poco più di due mesi dopo nasceva la zona libera poi chiamata “Repubblica dell’Ossola”.
La vegetazione della wilderness ha ormai coperto i segni di quella tragedia, ma dal luglio del 2005, gli escursionisti che attraversano la Val Grande, all’Alpe In La Piana nei pressi del bivacco e della caserma dei Carabinieri Forestali si imbattono in una lapide su cui si legge: “O voi che transitate in questi luoghi, sappiate che ogni filo d'erba, ogni alpeggio ha la sua storia da raccontare, perché dall'11 giugno 1944 fino alla fine di quello stesso mese, le vie del calvario subite dai partigiani e dagli alpigiani da parte di truppe tedesche e fasciste furono immense. Da Velina a Scaredi, dalla Marona alla Rossola, dal Proman al Togano, tutta la Valgrande ne fu testimone. Perché gli umani ricordino questo sacrificio portatore di libertà”.