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lupo morto

DOMODOSSOLA - 24-05-2019 - Sembrerebbe un lupo,

quanto meno ne ha tutto l'aspetto, l'animale ritrovato ucciso (probabilmente da un treno) ieri sera sulla linea ferroviaria Novara Domodossola. Ma per fugare ogni dubbio, per sapere "chi sia", da dove viene, se aveva  sangue di cane nelle vene occorrono evidenze scientifiche. Un'analisi del Dna, in grado di ricostruire la storia genetica dell'animale visto che, se fosse un lupo, il suo genoma risulterebbe con buona probabilità già nelle banche dati del centro regionale “Grandi carnivori” . Intanto, dopo il fatto, sui social network è tutto un inseguirsi di opinioni, una corsa a esprimersi senza avere alcuna competenza al riguardo se non quella appresa dalle pagine di Wikipedia, quando va bene. "E' la solita mania, quella d'essere tutti commissari tecnici se gioca la nazionale e ingegneri se capita un disastro" dice il maggiore Andrea Baldi, comandante del reparto Carabinieri Forestali del Parco nazionale della Val Grande. Traducendo: "scienziati da bar", portatori dell'esasperante "qualunquismo da social network" che confonde la scienza, che ha bisogno di fatti, dati e soprattutto delle competenze per leggerli, con i pareri. Il maggiore Baldi è stato tra i primi, ieri sera, ad accorrere nei pressi di Calice dopo la segnalazione della carcassa; ed è stato tra i più disponibili a incontrare cittadinanza e media, quando nei mesi scorsi sono stati avvistati i due esemplari lungo l'asta del Toce. "Canidi", per il momento è questa la classificazione corretta: sia per la coppia di Ornavasso, sia per la carcassa di Domodossola. "Quando arriveranno i test genetici sapremo essere chiari", aggiunge. Ma per questo, ci spiega, occorre aspettare un po' di tempo. I campioni di materiali biologici da Torino vengono infatti trasferiti ad un istituto di ricerca presso un'università statunitense, che provvede a renderli "leggibili". A quel punto (e ammettendo sempre che si tratti di lupi) è possibile confermarne la "carta d'identità" e, incrociando i dati, avere anche la certezza se la povera bestia trovata morta a Calice sia, come molti sospettano, uno dei due esemplari che "bazzicavano" in Bassa Ossola, e sulle cui tracce biologiche i test non hanno ancora avuto esito. E' solo questione di tempo dunque, anche perchè per contenere i costi (la tutela della fauna passa anche da questioni di vil denaro), i campioni vengono inviati all'Università americana solo al raggiungimento di un certo numero.
Intanto gli esperti si ritrovano a fare i conti con l'enorme mole di pregiudizi e luoghi comuni che s'accompagnano al ritorno del lupo. "Non ne abbiamo bisogno - dice il maggiore Baldi, che ha passato almeno tre decenni a lavorare su queste questioni - per il nostro lavoro possiamo basarci solo su dati oggettivi". Dati che non sempre arrivano, così capita che girino voci su un imprecisato numero di lupi sul territorio, senza essercene alcuna prova ovviamente (e neppure indizi) o vaghe segnalazioni quando si tratta di attacchi, o presunti tali, alle greggi. "In questi casi va avvisata l'asl, vanno avvisati i carabinieri forestali, la polizia provinciale. Le persone devono fidarsi del pubblico, noi siamo qui per proteggere tutti, alle segnalazioni rispondiamo sempre, chiamateci", insiste Baldi. Ma la sfilata di quel che non si sa o che non si vuole sapere su questo animale è ancora lunga. Come il non considerare che il ritorno del lupo sia l'indice di un ambiente naturale in buono stato, dunque un pregio; o che questo carnivoro è molto meno famelico di quanto si pensi, nutrendosi moderatamente e non disdegnando le carcasse o i visceri di selvatici lasciati in natura dai cacciatori. E, infine, a proposito della paura atavica verso questo animale, ci ricorda il maggiore dei carabinieri: "In Europa di attacchi all'uomo in epoche recenti non si hanno notizie, anche se questo non vuol dire che non occorra mantenere le distanze".

Antonella Durazzo

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