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ecort baveno

VERBANIA – 06.07.2019 – Cristal, Sofia e Delizia.

Questi erano i nomi d’arte affibbiati alle tre venezuelane di 18, 20 e 22 anni che, promossi sui siti internet specializzati in escort, stavano generando un certo giro d’affari a Baveno. Per loro, giovanissime definite una “elegante”, l’altra “educata”, l’altra ancora “golosa” (ma tutte “giocarellone”), i tre arrestati l’altro ieri dai carabinieri di Premosello e Stresa avevano organizzato una vera e propria attività economica. Con tanto di marketing e tariffario. Nell’improvvisata casa di appuntamenti di Loita di Baveno, mezzora con una ragazza costava tra 60 e 80 euro, un’ora 100. A domicilio per le escort si andava oltre: 250-350 euro l’ora, con una notte a 900 euro. I clienti arrivavano grazie al web, potendo contare sulle foto e i video realizzati, con apparecchi informatici di ultima generazione e professionali, da uno di loro, ribattezzato il “fotografo”. In Italia erano state attirate con la promessa di un lavoro come cameriera ma, già sbarcate a Malpensa, avevano dovuto fare i conti con la realtà. Condotte a Baveno, rinchiuse nell’appartamento e sequestrati i documenti, gli era stato detto che si sarebbero prostituite (negano d’averlo mai fatto nel loro paese) per ripagare il debito del viaggio. Già la prima sera avevano posato per le foto da mettere on-line.

Il contatto coi clienti avveniva tramite smartphone. Ai messaggi via whatsapp la risposta era l’invito a telefonare. La chiamata veniva presa dalle venezuelane che, in un italiano incerto, fissavano l’incontro. Una volta che il cliente arrivava in casa, pagava la ragazza, che andava in bagno a consegnare agli sfruttatori –nascosto o nascosti per controllare la situazione– tutto il denaro. Nel caso di visite a domicilio, uno di loro le accompagnava e le teneva d’occhio.

Le vittime sono ragazze poco più che maggiorenni. Due, arrivate in Italia da pochissimi giorni, sono studentesse: una liceale e un’universitaria che studia Economia. Una di loro era sulla strada ormai da un mese e, stanca, aveva discusso con uno dei suoi forzati protettori finendo percossa e punita. La punizione, che poi s’è rivelata la via d’uscita per uscire dal racket, era stato il “marciapiede”. Ritenendo di non averla piegata nonostante in due l’avessero condotta in un bosco di Premosello e, minacciandola, le avessero sparato un colpo di pistola poco distante, pensavano di farle assaggiare la vita di strada. Martedì notte l’avevano lasciata a Cuzzago e lei, avvicinata da una pattuglia dei carabinieri della stazione di Premosello, dopo aver detto di non avere documenti, d’essere stata costretta a prostituirsi, ha denunciato i suoi aguzzini. È bastato un appostamento e una perquisizione per far scattare le manette ai polsi dei tre.

 

 

 

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